Come ormai da tempo, la domenica mattina, due volte al mese vado ad assistere alle lezioni di Storia all’Auditorium di Roma.
Quest’ anno l’argomento era “ Storia del Novecento”.
Ho assistito a molte lezioni ma mai come stavolta mi sono sentita cosi’ immersa nel passato, cosi’ provata, cosi’ toccata, cosi’ figlia della storia.
Si e’ parlato del 1968, la grande contestazione. In tutto il mondo, una sorta di preglobalizzazione delle idee.
Una lezione straordinaria del Prof marco Revelli.
Consiglio a tutti di scaricare i podcast sulle lezioni che sono sul sito Laterza.
http://www.laterza.it/pod-lezioni-storia.asp
Putroppo, quella di domenica, sara’ scaricabile solo tra qualche giorno.
Il tema e’ stato…il ’68…e’ veramente riuscito a cambiare cio’ che si voleva cambiare? Il sistema, il Fordismo, la gerachia?
No, e’ stata la risposta. Il ’68 e’ stata una ribellione “maschile”, ha cambiato forse la mentalita’, ma non il sistema. Semmai , il femminismo, pochi anni dopo, con la non violenza, e’ riuscito ad avere un peso nelle scelte politiche. Non sono parole mie, ma del Prof. Revelli.
L’intervento piu’ toccante, in realta’ c’e’ stato alla fine, su risposta ad alcune domande di alcuni del pubblico. Non so se ci saranno in podcast, eppure, le ho sentite cosi’ vicine al punto da farmi piangere.
Tra alcune: “ nel ’68 il nemico era il sistema, e chi aveva " piu’ di 34 anni", oggi nella precarieta’ in cui vivamo, il nemico e’ il nostro coetaneo”.
Insomma, il ’68 vedeva al centro, almeno in italia, con le lotte operai, la necessita’ di un lavoro autogestito, libero, nomade. Quello che sembrava all’epoca un paradiso libero, si e’ rivelato un inferno di incertezza. Revelli sosteneva, che i giovani di oggi sono poveri, perche’ colui che non riesce a soddisfare le necessita’ di base, che la societa’ promette facendole sentire indispensabili, rischia di vivere come un fallito.
Il rischio di questa societa’, di questa realta’ post sessantottina, di cui noi siamo gli eredi, non e’ come ci vogliono far pensare, l’effervescenza edonistica, ma la depressione e la paura. La generazione della precarieta’ non riesce a ribellarsi: il ’68 nasceva da un linguaggio narrativo fortemente sentito e da lungo parlato da quella generazione. Quella generazione aveva maestri, libri, poeti, artisti, intellettuali che trasmettevano le idee con un linguaggio che tutti riuscivano a sentire, o quasi.
Quello che manca oggi e’ un linguaggio narrativo comune. La condizione sociale oggi, e’ una condizione muta. Solo trovando gli ingredienti di un linguaggio narrativo comune usciremo da questa immobilita’ e da quel potere che si e’ andato formando dopo il ‘68’, non prima. Dopo la fiammata sessantottina ci siamo ritrovati negli anni 70, dove il messaggio sociale si era ormai svuotato di significato, dove all’incertezza ha fatto posto la paura, il terrorismo, la droga.
La generazione succesiva al 68 si e’ trovata un sistema che era lo stesso, che non aveva cambiato, ma aveva svuotato di significato. Privo di forza, di identita’. Anche i nostri politici di oggi sono figli , per la maggior parte di quel sistema. La politica si e’ svuotata di significato, come la ribellione sessantottina. Citava Pasolini, non ricordo da quale film/racconto." Cari studenti, vi odio". La ribellione 68na era una ribellione di studenti ricchi, i poliziotti/cellerini, erano i veri poveri, quelli che per paradosso, andavano difesi. L’unico luogo dove riuscii in parte, fu nei movimenti operai italiani, ma anche li, putroppo, dopo due/tre generazioni, se ne e’ perduto il senso.
Se vogliamo uscire da tutto questo, avere una voce, dobbiamo assolutamente trovare un linguaggio narrativo comune, ma non nei media, troppo omologati. Un pezzo di un film, Fragole e Sangue, mostrava gli studenti barricati in una universita’ americana, tutti a terra, a battere le mani ritmicamente, insieme, sul pavimento. Ed una voce “ Fate piu’ rumore..fate piu’ rumore, dobbiamo fare piu’ rumore”. Fuori si preparava la carica della polizia. Sia studenti, che poliziotti, avevano i volti terrificati.
Quella voce mi e’ entrata nelle ossa.
Devo fare piu’ rumore. Non sento piu’ la mia voce, ne le mie mani. Devo fare piu’ rumore.
Ho pianto.
Qualcuno ha chiesto: “guardando la TV abbiamo Vespa, Ferrara, e tanti altri che si eleggono a portatori di messaggi sociali. Questi sono coloro che ci guidano oggi, ma dove sono i Maestri?”
Il prof .Revelli ha risposto con un’altra domanda..:
” Si, i Maestri… ma dove sono i Ribelli?”.
Ho pianto di nuovo.