Io possiedo un grande tesoro.

 

Io possiedo un grande tesoro.

Io ho perle, perle rare, perle preziosissime. Perle di inimmaginabile lucentezza.

Perle che adornano le mie giornate, le mie serate, le mie notti insonni.

Le perle che possiedo hanno un nome, una vita, e tanti, tantissimi colori.

Le perle che possiedo si muovono dolcemente, da anni,  tra le righe sconnesse di questo buffo ed avventuroso mare che è la mia vita.

Un nome, a ciascuna di loro, dato da un oceano che non pensava a me, ma a cui sono grata.

Sandra.

E’ una perla nera, dai tratti esotici, come esotica è la sua solarità, la sua allegria.

Presente, sempre presente in queste righe magiche.

La perla che mi ricorda di festeggiare il compleanno, perché “ te lo meriti”. La perla che dice sempre grazie, anche quando sarei io a doverla ringraziare.

La perla che tiene vivi i miei ricordi di bambina, le nostre barbie, pomeriggi autentici dove il gioco ci insegnava a diventare donne.

La perla che porta dentro la sua fatica in silenzio, e sostiene la mia, prendendomi per mano.

La perla con il cuore più generoso che mai, perla, abbia conosciuto.

Lei prende sul serio Trivial e Taboo, così come la sua amata letteratura sudamericana.

Lei a volte è stanca, perché il mare in cui nuota ha correnti forti, ma rimane lì, aggrappata con tutte le forze che ha,  al fazzoletto di felicità che si è costruita con cura e amore.

A lei, stasera, dico Grazie.

Giorgia.

Se poteste immaginare una risata contagiosa, che esplode con un fragore che è solo gioia, se poteste anche solo immaginarla, quando ride, sorride, quando quel fragore diventa musica, e si va tutti a ballare, allora ecco, forse anche voi, ridereste ora, con me, con lei, ripensando alla potenza e alla limpidezza della sua voce.

Se poteste immaginare una cosa delicata, delicatissima, ma anche forte, tenera, tenerissima, dolce, dolcissima allora ecco, questa sarebbe la mia perla.

La mia perla ha nel cuore la vita e la morte, ma sceglie sempre la vita. Sempre, anche quando i suoi occhi guardassero lontano, malinconici, lei saprebbe sempre, scegliere la vita.

Lei balla tutta la notte.

Lei dipinge la bellezza.

Lei guarda dentro un obiettivo come scartasse un regalo di Natale.

Lei ammalia e seduce come una piccola inconsapevole Lolita.

Lei sa di essere bella. E quando non lo sa, io sono qui per ricordarglielo. Che è bella, nell’aspetto e nel cuore. Che per me è bella sempre, anche quando piange, anche quando si sente fragile, perché la verità, è, anche se questo lei non lo sa, che lei è forte, fortissima.

E non cada nell’errore di pensare che quella che sente come fragilità sia un neo. E non si illuda che io la lascerò mai sola.

E che non pensi mai che non sarò con lei, a ballare tra le onde, come sempre, per tanti, tutti, i prossimi, bellissimi anni che ci attendono al di sopra del tetto del mare.

A lei, stasera, dico Grazie.

Valentina

Una perla che mi assomiglia così tanto.

Una perla che è madre e figlia, una perla che ama come nessuno, ma proprio nessuno sa fare, di un rarissimo amore, caparbio, tenace, risoluto.

Che sia l’amore per un uomo, un’amica, due cani.

Quando decide di amare abbraccia il mondo col quelle braccia colme di bellezza ed in cambio chiede solo un po’ di cura. Poca, pochissima cura.

A volte si spaventa, a volte è triste, a volte teme che tutto questo amore la potrebbe incrinare, ma no, piccola principessa, perla tra le mie rarissime perle, mai lascerei che ciò accadesse.

Che voglio esserci sempre per te, cuore a cuore, nella tua conchiglia, a prendermi cura di te con le mie piccole mani grassottelle, ma piene di amore per te. Per renderti, come posso, tutto quello che tu mi dai, mi hai dato in questi pochi anni che ho avuto il privilegio di condividere con te.

Fragile come le ali di una bellissima farfalla, seducente come un’orchidea, profonda come una galassia in cui il mio sguardo si perde.

La mia perla, principessa guerriera, naso-naso, guancia-guancia, per sempre-sempre e per sempre, cantando.

A lei, stasera, dico Grazie.

Le mie perle, le mie sorelle.

A loro, donne bellissime, stasera, dico grazie.

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Il sapore del pane ferrarese. Rewind, Reblog, Rethink.

“Il Sentimento delle cose”. Paolo Benvegnù

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“Quando lo vedo mi viene da piangere, a volte. Mi diede un compito per casa, una volta. Voleva che le descrivessi il sapore del pane ferrarese. Ci davamo spesso compiti per casa. Per pensarci e dedicarci del tempo anche quando non stavamo insieme. Perché è il tempo che ho dedicato a lei che la rendeva così speciale. Perché nonostante le sue spine era molto fragile. Non voleva conoscere il sapore del pane ferrarese: voleva che mi esprimessi.” 

Pensieri e ricordi, L’amore di Diegosan, (11 Febbraio 2007)

Parlando con qualcuno qualche giorno fa, non ricordo neanche chi fosse, è  uscita fuori una brevissima divagazione sul “pane ferrarese”.

Mi è venuto subito in mente un vecchissimo post che avevo pubblicato in tempi non sospetti su Windows Live, 7/8 anni fa, quando vivevo a Londra, poi involontariamente migrato qui con il passaggio a WordPress.  

Diegosan è una splendida persona, che ho avuto modo di frequentare tanti anni fa. Avevo copiato dal sul blog un post che aveva scritto per me, quando ormai la nostra storia era finita da un pò.

Il motivo che mi spinge, stasera, a ribloggarlo, nasce da una domanda che mi ha fatto porre nel rileggerlo.

Ero davvero così fragile?

Mi chiedo quanto io sia cambiata in questi  quasi 7 anni.

Sono meno fragile oppure solo più forte?

Oggi mi guardo e non vedo una persona fragile.

Vedo si, una persona con le sue personalissime fragilità, ma certo, non una persona fragile.

Non so dire se lo fossi davvero. Non so dire se lo sia veramente mai stata.

Forse, più semplicemente, capita a volte che delle vite si scontrino e con esse i propri personali talloni d’Achille.

Potrebbe essere chiunque.

Una qualsiasi persona random conosciuta in un altrettanto qualsiasi contesto.

Due amanti.

Un allievo ed il suo ingegnante.

Una madre ed una figlia.

Temo che i nostri si fossero schiantati con la potenza di una bomba a fusione termonucleare incontrollata.

Mi piace molto la parola “fragilità”.

E’ una parola gentile, una parola soffice se non fosse per quella R che fa sorgere il sospetto che la faccenda non sia poi così semplice.

Associo a questa parola gentile, in modo del tutto personale e soggetto ad incompletezza, una particolare forma di sensibilità e gentilezza che amo molto, pur sapendo come certe inclinazioni dell’animo, possano anche partorire mostri.

…E se si fosse sbagliato, Diegosan, e avesse confuso la fragilità con la sensibilità?

Cosa porta alla discrepanza tra quello che vedono le persone guardandoci e come ci pensiamo noi?

E’ importante che sia solo un pensiero, una proiezione, una raffigurazione nostra o dell’altro, o che esista una verità oggettiva sulle inclinazioni del nostro essere Noi?

Non ho una risposta. Stasera, a naso, direi di no.

Forse l’unica cosa che sento davvero importante e che alla fine l’esperienza ci renda più corazzati per affrontare meglio le eventuali esplosioni di bombe a fusione termonucleare incontrollate del cuore.

Che l’età ci renda più saggi.

Il tempo, più sereni.

No.

Non sono una persona fragile, ciononostante, so di avere un tallone d’Achille.

Potente e potenzialmente devastante.

E no, non ne scriverò.

I proprio punti deboli, non si svelano mai.