Ma in tutto questo viaggiare, i sogni, dove sono andati a finire?

Mi sono svegliata pensando a mio padre.

Sono passati già molti anni, così in fretta che non so più se la tristezza che ogni tanto si affaccia sia dovuta al fatto che mi manchi, oppure semplicemente alla fila interminabile di piccole delusioni collezionate negli ultimi anni, ed il bisogno di dare un volto all’amarezza.

Ho avuto un rapporto molto complicato con mio padre, ma alla fine, proprio alla fine, ci eravamo ritrovati.

Padre e figlia, insieme, sgangherati dalla vita, o dalla genetica forse, che non ha mai reso troppo facile le nostre avventure nel mondo, per lieve eccesso di onnipotenza.

Così oggi mi piace immaginarlo un padre perfetto, che in questo momento, se fosse qui, mi farebbe sentire semplicemente la figlia più bella del mondo, la donna più intelligente dell’universo, una bambina con un grande futuro davanti.

Una volta in prima elementare la mia maestra disse a mia madre “ Questa bambina andrà lontano”.

Eravamo alle prese con i nostri primi dettati, ma io, volevo scrivere del mio. Così, un dettato sulla primavera, si trasformò in un tema sull’odore dei fiori, sulle rondini che facevo ancora fatica a riconoscere, sulle distese verdi e l’odore del prato appena tagliato del mio cortile.

Ricordo la maestra, finire una fase ed una “piccinissima me” correre da lei con il quaderno in mano per farle “la sorpresa”.

Appena provavo ad alzarmi dal banco, lei, ignara dell’impresa d’eccezione in cui mi ero avventurata, mi ripeteva “No Enrica, non è ancora finito”.

Così dopo un po’ le frasi diventarono pensieri lunghi, la mente si mise in viaggio ed io non ricordo più come sia andata a finire.

Ho imparato presto ad accettare che la vita è tutto tranne che perfetta, così come le persone, le nostre convinzioni, e a dirla tutta, anche i nostri sogni.

I sogni per loro stessa  natura dovrebbero essere perfetti, o quantomeno perfetti per noi.

Invece io una cosa l’ho capita presto, o almeno così pensavo.

Il sogno viaggia mano nella mano con l’aspettativa, e i due compagni di viaggio, dovrebbero farsi compagnia in un abbraccio inversamente proporzionale.

Io ero una bambina con grandi sogni e grandi aspettative. Vivevo di grandi delusioni.

Così piano piano, non so neanche bene come e quando sia successo, ho iniziato ad avere piccoli sogni e piccole aspettative, tali da essere accompagnati sempre da piccole delusioni.

Ma la cosa non è che proprio abbia risolto il problema, perché oggi capisco che davanti ad una grande delusione, si può reagire, si può diventare più forti.

Tante piccole delusioni, una dopo l’altra, ti logorano lentamente, ti indeboliscono, avviliscono.

Anche se con tutta la forza, con tutto l’entusiasmo, con tutto il coraggio, anche se in fila per tre col resto di due, ti sfiancano, sfiniscono.

E tu ti alzi una mattina e ti chiedi se non avresti fatto meglio ad inseguire i tuoi grandi sogni, piuttosto che piccoli traguardi.

Chi legge il blog sa che io sono una in cammino.

Chi legge il blog e mi conosce sa che il sorriso che porto spesso con me è una sfida, piuttosto che un traguardo.

…però ho una domanda a cui davvero non riesco a dare risposta: ma in tutto questo viaggiare, i miei sogni, dove sono andati a finire?

Sogno ancora?

A parte un altro piccolo sogno, quello di un allegro casale da condividere in vecchiaia con amici cari come Mario, Alessio ed i pochi altri single come me che a 70 anni avranno ancora voglia del calore dell’amicizia, tutti gli altri sogni, si sono nascosti a questo cuoricino ammaccato o sono semplicemente e definitivamente svaniti?

Io sono una dei quelle persone in cammino.

Io sono una che guarda sempre avanti.

Sono una persona fortunata, se rifletto sul mondo che mi circonda.

Sono fortunata perché le delusioni mi hanno si, stremato, ma non mi hanno privato del sorriso.

Eppure, è così difficile camminare quando non c’è una meta ed i tuoi piedi sono pieni di cicatrici.

Eppure, a volte, non avere una famiglia, pesa.

Essere lontana dall’unico fratello con cui ti puoi confrontare pesa.

Non avere un legame forte e vicinanza con una sorella di 14 anni più piccola, pesa.

Non avere più tuo padre, l’unico forse che dopo una vita di assenza avrebbe saputo, infine, dirmi una parola magica, pesa.

Così me lo immagino adesso mio padre: intento a prepararmi la pasta e fagioli, a fare i suoi 3000 upgrade al computer, a riprogettare il bagno perché io avrei tanto voluto una vasca, a sfogliare dépliant per trovare il miglior televisore possibile da regalare alla sua bambina, a confrontare le specifiche dei robot tritatutto ed assicurarsi che vi sia anche la centrifuga e che quindi il mio acquisto sia il migliore possibile, a riparare i fornelli della mia cucina a gas.

Forse solo lui stasera potrebbe farmi sentire bellissima anche con questi due kili di troppo e gli occhi stanchi per giornate davvero troppo faticose e senza sogni.

Ce l’ ho messa tutta per essere felice.

Nonostante tutto.

Nonostante “non sia andata poi così lontano”.

E si, sono stata brava perché spesso, un po’ felice, lo sono.

Però papà, stasera, sorridimi tu, perché non sono per nulla sicura che i piccoli segni lasciati da piccole delusioni, non mi abbiamo infine e per davvero fatto smettere di sognare.